domenica 11 luglio 2010

FEET IN TRANSLATION - Il mio nuovo vicino - ottava parte

per la rubrica


episodio lungo
all'insegna del SAFE SEX!

L'INCAUTO BAMBINETTO
CHE
PER SBAGLIO
SI TROVASSE A GIROVAGARE PER QUESTE PAGINE
SAPPIA CHE QUELLA CHE SEGUE
NON È LETTURA GIUSTA PER LUI



Il mio nuovo vicino

ottava parte

Venerdì sera accompagnai il mio padrone a Westerville. La Mustang era a posto e serviva soltanto un ritocco alla vernice per poter essere pronta per il compleanno di Joe, da lì a due settimane. Una macchina del 1968 avrebbe fatto una gran figura con dentro un giovane maschio virile come lui.
Mentre riaccompagnavo a casa il mio padrone, portai il discorso su Clayton. Odiavo dover confessare l'ennesimo sbaglio commesso con il mio istruttore. Ma ero rimasto a corto di soldi, era un errore che dovevo dichiarare...e pagare.
– Signore – cominciai – questa mattina, quando ero già in palestra, mi sono accorto di non avere i soldi sufficienti per dare a Clayton il suo extra.
Paul sbuffò sonoramente.
– Mi mancavano 30 dollari, ma per Clayton non è stato un grosso problema, Signore. L'ho pregato di perdonarmi e gli ho assicurato che gliene darò 80 la prossima volta. Ho dato a Joe 40 dollari ieri sera e mi sono dimenticato di passare al bancomat prima dell'allenamento – cercai di spiegare.
– Adesso stai cercando di dare la colpa a Joe? – mi chiese con un tono che non faceva presupporre niente di buono.
– No, Signore – mi affrettai a chiarire – non incolperei mai Joe per uno sbaglio commesso da me. La colpa è solo mia, sono stato un idiota.
– Ti rendi conto di come possa aver preso quel ragazzo una mancanza di rispetto così grave da parte di uno schiavo come te? – aggiunse il mio padrone con un tono più pacato. Teneva molto a Clayton. Oltre ad essere suo amico era anche il suo istruttore personale.
– Mi dispiace veramente molto, Padrone. Clayton è davvero un ottimo allenatore, provo stima e rispetto per lui. Non gli farei mai un torto intenzionalmente – ero veramente convinto delle cose che mi uscivano dalla bocca. Ammiravo Clayton e pensavo che meritasse ogni centesimo dell'extra che il mio padrone mi aveva ordinato di dargli. Ero convinto che la palestra lo pagasse meno di quanto valesse in realtà.
– Lunedì non gli darai soltanto 80 dollari – iniziò Paul, dopo un lungo silenzio. – Gli darai 2000 dollari di extra. – Sentii i miei occhi spalancarsi prima di rendermene conto! 2000 dollari erano un sacco di soldi anche per me. Guadagnavo bene, non avevo problemi, li avrei riguadagnati in fretta, ma erano pur sempre 2000 dollari, cazzo. Il mio padrone continuò – Inoltre chiederai perdono, ancora una volta, e lo pregherai di considerarti, da ora in avanti, il suo succhiacazzi. Ogni volta che ne avrà voglia, ovunque ne avrà voglia, tu ti metti in ginocchio e gli succhi il pisello fino a farlo venire. Chiaro?
– Sì, Signore – risposi umilmente. Pensai che fosse più appropriato mettere di fronte l'umiltà piuttosto che l'eccitazione al pensiero di poter rendere un tale servizio a Clayton. L'eccitazione la tenni per me insieme a tutti i pensieri non troppo casti fatti su di lui fin dal primo momento.
– E prepara la frusta per quando deciderò di venire a casa tua. Hai bisogno di qualcosa su cui riflettere – mi disse.
– Sì, Signore – questo mi eccitava un po' meno ma la punizione non mi sorprese affatto, purtroppo.

Appena arrivati a casa scoprii, amaramente, che il mio padrone voleva regolare i conti già da subito. Quindi mi spogliai, mi inginocchiai di fronte a lui per baciare i suoi piedi e chiesi il permesso di andare di sopra, in camera mia, per staccare la frusta dal muro. Cosa che mi fu concessa con un cenno della mano. Tornai dal mio padrone strisciando e gli consegnai lo strumento per la mia meritata punizione.
– Questa volta quante? – mi chiese.
Mi presi un momento per riflettere. La scorsa volta chiesi venticinque colpi con il paddle, ma stavolta l'offesa a Clayton era più grave, sapevo di meritare una punizione più severa.
– Trenta, Signore – fu la mia offerta, poco sostenuta dalla mia voce.
– In posizione! – disse solo questo, semplicemente.
Così feci, subito, cercando di evitare qualsiasi motivo che potesse aggiungere irritazione all'intenzione già irritata di Paul. Avevo ricevuto delle frustate dal mio padrone, in passato. Era successo lo stesso giorno in cui la frusta era arrivata per posta. Sapevo quindi a cosa andavo incontro.
Mi sbagliavo.
Probabilmente quella volta non aveva fatto sul serio. Il primo colpo mi provocò un dolore cocente che, dalla schiena, si propagò per tutto il corpo fino a concentrarsi nel cervello. Per un momento mi si annebbiò la vista, le gambe tremarono. Ebbi solo il tempo per tornare in me prima di ricevere la seconda frustata, ancora più dolorosa della prima. Smisi di tenere il conto dopo la settima frustata. Sembrava che quel supplizio non dovesse mai finire. I colpi si ripetevano con una cadenza regolare, metodica, senza tener conto dei lamenti che pure cercavo di trattenere. Poi, improvvisamente, il colpo che attendevo non arrivò. Capii che la punizione era finita. Mi abbandonai al dolore, sdraiato sul pavimento. Ma già dopo qualche minuto, l'insegnamento dei giorni passati diede i suoi frutti. Ero in grado di sentire quanto fosse giusta e meritata la punizione che avevo appena ricevuto. Si fece strada nella mia mente, tra il dolore e la paura, il bisogno di ringraziare il mio padrone così come lui si aspettava. Raccolsi le mie forze per poter strisciare verso di lui e baciare i suoi piedi in segno di rispetto e gratitudine, gratitudine per avermi reso uno schiavo migliore. Lui mi concesse l'onore di poter succhiare il suo cazzo ed io presi quel gesto come una manifestazione da parte sua che, in fondo, non mi considerasse proprio il peggior servo del mondo. Una volta baciato il suo pisello, lo presi in bocca ed iniziai a muovere labbra e lingua per dargli piacere. Stavolta però lui decise di non lasciarmi fare. Prese la mia testa fra le mani e spinse il suo pisello, già gonfio e duro, fino in fondo alla mia gola. Iniziò a scoparmi la bocca con gesti decisi, anche violenti, diversi dal solito. Non era molto piacevole per me ma ovviamente questo non aveva alcuna importanza. Continuò così, entrando ed uscendo con forza dalla mia bocca, per più di cinque minuti. Poi spinse ancor più profondamente il suo cazzo nella mia gola. Il mio viso era attaccato, sepolto nei peli del suo pube. Con un grugnito poderoso sparò cinque fiotti di sborra giù per la mia bocca. Quando tirò fuori il suo cazzo, mi affrettai a baciarlo e a leccarlo, pulendolo con cura.
Prima che se ne andasse, il padrone mi disse di chiamare i Watermans, Karen ed il suo inutile marito, per invitarli a casa mia per un aperitivo, martedì. Non mi spiegò il motivo di quella strana idea né io ero in diritto di chiedere spiegazioni. Manifestai semplicemente la mia sottomissione con un – Sì, Signore.
Chiamai la sera stessa, lasciai un messaggio in segreteria.

Sabato mattina ero nel garage del mio padrone per pulire, ora che la macchina non c'era. Riuscivo a malapena a concentrarmi su quello che stavo facendo però perché Joe mi aveva confidato una notizia shockante! Linda, la moglie del padrone, se n'era andata. O meglio, era stata cacciata di casa. Quella puttana pare se la facesse con qualche sfigato incontrato sul lavoro. Io non riuscivo a capire come una sgualdrina con la fortuna di avere il mio padrone al suo fianco, potesse commettere un errore simile. Beh, tanto meglio per me. Ero certo che con quella donna fuori dalle palle, avrei potuto servire Paul e suo figlio nel migliore dei modi. Una volta finito in garage, senza che mi fosse stato ordinato, entrai in casa che cominciai a darmi da fare. Lavai i piatti, feci diverse lavatrici e assaporai l'idea di poter diventare un servo a pieno servizio per il mio padrone.

Fui richiamato da Alan Waterman solo il sabato sera. Riformulai l'invito per il martedì ma lui, con una scusa, cercò di svicolare. Allora mi fu sufficiente fargli notare che Paul ne sarebbe stato molto deluso. Solo un attimo dopo – Beh – cominciò a balbettare lui – ecco, in effetti, credo che ci saremo. A martedì – disse, riattaccando il telefono senza aspettare i miei saluti. Quel tipo era completamente soggiogato dalla superiorità del mio padrone!

Lunedì mattina, giorno di allenamento. Ero particolarmente eccitato al pensiero di rivedere Calyton. Cercavo di immaginare la sua reazione al corposo extra che avevo l'ordine di consegnargli.
Gli passai la busta, con la testa abbassata, scusandomi ancora per la volta scorsa. Lui contò i soldi e sghignazzò, di certo pensando quanto patetico fosse quell'essere strisciante di fronte a lui.
– C'è un'altra cosa – aggiunsi, mentre lui se ne stava già andando. – Il mio Padrone mi ordina di dirti che, da ora in poi, io sono il tuo succhiacazzi! – Clayton riprese a sghignazzare, e io continuai – Ogni volta che vorrai farti succhiare l'uccello io sarò al tuo servizio. Devi soltanto dirmelo!
Clayton decise che non era il caso di aspettare che gli venisse voglia! Mi portò in una saletta privata della palestra, chiuse la porta a chiave. – In ginocchio! – ordinò. Io eseguii immediatamente. – Tirami fuori il cazzo, frocio – e così feci. Potevo finalmente ammirare il suo pisello, ben fatto, con due belle palle proporzionate che scendevano delicatamente e un pelo pubico folto e nero. Col suo pisello appoggiato sul mio viso disse – Ok, avresti dovuto imparare a tenere il respiro e aggiungere quindici secondi ogni settimana. Non sei stato in grado di farlo col metodo che ti ho ordinato di seguire. Ora proviamo con un altro metodo! Ogni volta che ti presenterai per allenarti ti infilerò il mio cazzo giù per la gola. Ogni volta cinque secondi in più. Sono sicuro che sarai più motivato con questo nuovo metodo di insegnamento. La volta scorsa hai trattenuto il fiato per 76 secondi. Stavolta quindi saranno 81 – disse mentre programmava il cronometro del suo orologio. – Pronto?
Senza rispondere feci un paio di respiri profondi. Lui afferrò la mia testa e mi infilò il suo cazzo duro nella bocca. I secondi passavano ed io facevo appello a tutto il mio autocontrollo per non deludere il mio istruttore (e il mio padrone) ancora una volta. Clayton, dal canto suo, era completamente a suo agio nel ruolo di chi comanda, e spingeva il suo pisello decisamente senza esitazioni, non lasciandomi respirare. Era una situazione davvero umiliante, degradante addirittura. E io ero al settimo cielo.
Ottantuno secondi! Non avrei pensato di farcela. Invece riuscii a portare a termine la prova. Clayton allentò la presa quel tanto che era sufficiente per farmi riprendere aria. Non tolse il suo cazzo dalla mia bocca, però, aspettò soltanto che il mio debito d'ossigeno non fosse cosi “rumoroso”. Il mio naso era schiacciato sul suo pube e io respiravo attraverso i suoi peli. Era una situazione estremamente eccitante. – Adesso fammi venire, succhiacazzi! – ordinò. Ricominciai a lavorare il suo cazzo con la bocca. Movimenti regolari, ormai sapienti, non tardarono a far esplodere il piacere di Clayton, che mi inondò con grossi fiotti di sperma. Ero cosi contento di aver il permesso di mandare giù quella delizia. Sentivo la soddisfazione del mio istruttore. Mi veniva voglia di ringraziarlo, di strisciare ai suoi piedi. Ma era tempo di allenamento. Niente più piacere, ora c'era da lavorare.

Dopo due ore di pesi e esercizi aerobici, l'allenamento finalmente si concluse. Clayton, dopo la mia sottomissione “formale” era diventato ancora più aggressivo ed esigente.
Ero nello spogliatoio, mi ero appena tolto i pantaloncini fradici di fatica quando il gigante che mi aveva pisciato addosso solo qualche giorno prima fece il suo ingresso. Mi assicurai di rimanere lontano dal suo territorio ma lui mi localizzò comunque e si diresse verso di me. Senza parlare mi spinse verso una specie di ripostiglio. Io mi sentivo ancora più vulnerabile del solito, essendo completamente nudo e non avendo neanche avuto il tempo di prendere un asciugamano. Mi fece entrare nello stanzino, entrò pure lui e chiuse la porta dietro di sé. Con una sola mano mi afferrò tra il collo e la spalla e mi costrinse sulle ginocchia. Avevo il suo cazzo sudato all'altezza dal viso. Non osavo muovermi. Aspettavo un suo ordine anche se non avevo bisogno di molta fantasia per immaginare quale sarebbe stato!
– Succhiami il cazzo! – appunto!
Gli presi in bocca l'uccello e gli feci un bocchino come se non vedessi un cazzo da settimane! E non perché mi piacesse particolarmente. La verità è che avevo paura di quel bestione e non avrei mai voluto contrariarlo. E poi ormai, compiacere i maschi superiori era lo scopo della mia vita. Intanto il gigante afferrava la mia testa con le sue mani enormi e mi tirava indietro. – Adesso leccami le palle, da bravo! – Iniziai a leccare. Provai anche a prendergliele in bocca ma erano troppo grandi. Lui godeva della mia dedizione e non si risparmiava in grugniti coerenti della sua stazza. Il suo cazzo poggiava sulla mia fronte mentre mi occupavo delle palle. Lo sentivo pulsare, diventare sempre più duro. Proprio mentre me lo rinfilava con forza fino in gola, la porta del ripostiglio si aprì, con sorpresa di tutti!
– Che cazzo sta succedendo qua? – disse qualcuno che io non riuscivo a vedere.
– Mi sto facendo fare un bocchino da questo frocetto – disse il gigante. – Entra e chiudi la porta. Appena si sarà fatto una bella bevuta offerta da me, sarà tutto tuo!
L'avventore era Franck, l'inserviente della palestra. Di poco più giovane di me. Lo avevo già notato per via del suo fisico ben tenuto, tonico, delineato e molto villoso. I peli mi avevano sempre attratto molto per il tocco di virilità che aggiungevano ad un corpo maschile. Frank se ne stava sulla porta, ancora sorpreso ma attratto dalla situazione. Dopo qualche secondo già si massaggiava il pacco con la mano. Intanto il gigante continuava ad usarmi come una puttana da quattro soldi. I suoi movimenti si facevano sempre più rapidi. Potevo percepire esattamente il momento in cui sarebbe arrivato all'orgasmo. Con un ultimo colpo che quasi superò la gola, sparò abbondati scariche di sperma direttamente nel mio stomaco! Appena finito, spinse con violenza la mia testa all'indietro, mi chiamò frocio e se ne andò a farsi la doccia.
Io non avevo ancora avuto modo di tirarmi su che già Frank si era liberato dell'imbarazzo e della maglietta!
– Toglimi le scarpe, idiota! – disse piantandomi un piede in faccia. Mi presi la libertà di sciogliergli i lacci con i denti, gesto che rese Frank ancora più eccitato. Mi aiutai con le mani per sfilargli prima una scarpa e poi l'altra. I suoi piedi erano caldi, i suoi calzini ancora umidi per via del turno di lavoro che doveva esser iniziato molte ore prima. L'odore era deciso ma non pungente, quasi dolce, leggermente contaminato dalle scarpe ancora nuove. Morivo dalla voglia di guardargli i piedi. La mia faccia era ad un centimetro mentre, con delicatezza, gli sfilavo i calzini di spugna. Lui era del tutto a suo agio. I miei occhi erano incollati sui suoi piedi, ma potevo immaginare il suo viso, piegato verso il basso, mentre si godeva lo spettacolo di un servo strisciante sotto di lui. Ogni tanto mi sputava addosso. Era tremendamente umiliante. Sembrava si impegnasse per centrarmi la nuca, o il collo e se invece la sua saliva finiva per terra, con un piede mi ci schiacciava sopra ordinandomi di leccarla via. Finalmente i suoi piedi erano nudi e potevo ammirarli in tutto il loro splendore. Non mi ero sbagliato, erano ben fatti, regolari e molto pelosi, come il resto del corpo. Le unghie curate. Mi venne spontaneo infilare le mani sotto le sue piante mentre, affannosamente, baciavo il dorso e leccavo fra le dita. L'alluce poi era un capolavoro. Largo e tondo, con un unghia ben definita, invogliava ad essere succhiato. Voglia a cui non mi sottrassi di certo. Quando presi il suo alluce in bocca ebbi la prova che quella era la prima volta che qualcuno si dedicasse ai piedi di Frank. Non smetteva di ripetere – Oh, cazzo! – ed io mi dedicai a tutte le sue dita con la stessa cura con cui mi sarei dedicato al suo uccello di lì a poco. E invece al suo uccello non ci arrivai neanche. Avevo appena deciso di girarmi a pancia all'aria per leccare e baciare le piante dei piedi di Frank godendo della vista dal basso all'alto, che più mi eccitava in assoluto, quando mi resi conto che l'inserviente era già andato molto avanti da solo, menandosi il cazzo con un ritmo che non avrebbe potuto durare molto. Continuai a leccare e mordicchiare quella pelle delicata e soffice e, come era inevitabile, una cascata di liquido caldo e denso mi finì dritto in faccia, e in bocca. Lui dopo essersi ripreso da un piacere intenso, continuò a stuzzicare il suo nuovo giocattolo. Con il piede mi spalmava la sborra su tutta la faccia, me la portava alla bocca, me la faceva leccare via dalle dita, me la faceva ingoiare. – Ti piace, porco? – mi ripeteva, con un sorriso soddisfatto. Io, che non avevo il permesso di venire, sentivo il mio pisello esplodere nei pantaloni. Se solo, nella mente di Frank, fosse balenata l'idea di sfiorarmi il pacco con i suoi piedi nudi, sarei venuto all'istante (e poi avrei fatto i conti con il mio padrone e la sua frusta). Fortunatamente la sessione si concluse con un fiotto di saliva che mi centrò la bocca in pieno. Frank rise soddisfatto da quell'esperienza inaspettata. Era tempo per lui di tornare al lavoro per l'ultima parte del turno. Si rivestì velocemente e anch'io cominciai ad alzarmi. Il mio viso era pieno di sperma che, asciugandosi, tirava la pelle. Anche i capelli erano tutti appiccicosi. Feci per togliere il grosso ma Frank mi assestò un calcio per niente delicato in pieno torace!
– Che fretta hai, stronzo? Lascia tutto così fino a che non ti farai la doccia. Non sei orgoglioso che un vero maschio ti abbia fatto un regalo del genere?
Aprì la porta e se ne andò, lasciandola spalancata. Lo spogliatoio, ovviamente, era affollato e tutti mi guardavano. Un paio di ragazzi erano particolarmente sorpresi, avevano un'aria disgustata. Era tremendamente degradante dover attraversare tutto lo spogliatoio per raggiungere le docce. Anche Frank aveva deciso di ritardare un po' la ripresa del turno per godersi lo spettacolo. Così decisi di fare quella passerella il più rapidamente possibile, guardando in basso e cercando di non pensare che, oltretutto, la mia evidente erezione completava il quadretto!
Feci la doccia più veloce della mia vita. Mi rivestii altrettanto rapidamente e corsi in ufficio. La settimana era cominciata solo da qualche ora. Un inizio davvero promettente!

Il martedì, di ritorno dall'ufficio, mi fermai in un'enoteca per prendere del vino. Presi anche degli stuzzichini per accompagnare l'aperitivo. Volevo essere sicuro che il padrone fosse fiero del suo servo. Quando arrivai a casa mi spogliai, come al solito. Avevo chiesto al mio padrone, la sera prima, se potessi ricevere gli ospiti indossando i miei vestiti. – Sanno che sei il mio schiavo – mi aveva risposto Paul, con naturalezza, – non hai bisogno di fingerti qualcun altro. – Fine della questione.
I Waterman arrivarono con qualche minuto d'anticipo. Li feci entrare. Karen era particolarmente tirata a lucido e anche Alan sfoggiava un abito di sartoria, dall'aria molto costosa. Stare in mezzo a loro, nudo come un verme, mi faceva sentire terribilmente a disagio!
Si erano appena accomodati sul divano quando Paul fece il suo ingresso! Indossava niente di più che un paio di pantaloncini sdruciti che usava per allenarsi. Eppure sembrava un dio. Ero così orgoglioso di poter servire un uomo come lui e anche i Waterman non erano affatto sorpresi né contrariati dalla tenuta poco elegante del mio padrone! Erano completamente conquistati dal suo carisma. Corsi in cucina a prendere la birra preferita di Paul, e gliela consegnai non prima di essermi inginocchiato di fronte a lui. Dopo averne bevuto un sorso mi ripassò il bicchiere e senza dire nulla, si avvicinò al divano. Con una sola mano afferrò Alan per il bavero della costosa giacca e lo scaraventò giù, per terra, come si fa con i cani che saltano sulla poltrona pur sapendo che non potrebbero farlo. Alan, manco a dirlo, era terrorizzato. Karen sorpresa e immobile. Paul si sedette vicino a lei, le mise un braccio intorno alle spalle ed iniziò a limonarsela appassionatamente! Alan non poteva far altro che guardarsi lo spettacolo dalla sua scomoda posizione. Il mio padrone non si fece alcun problema e andò ben oltre i semplici baci. Quasi strappò via di dosso il vestitino di seta che Karen aveva scelto per la serata. Iniziò a succhiarle i capezzoli con avidità e a infilare dita ovunque! Lei si contorceva dal piacere. Io ero ovviamente eccitato e, cosa strana, anche Alan sembrava esserlo, passandosi ossessivamente la mano sul pacco gonfio.
Dopo un quarto d'ora di romantici preliminari, il mio padrone spostò per un attimo l'attenzione su Alan. Lo prese per il mento e gli alzò la testa in modo che potesse guardarlo dritto negli occhi.
– Mi sto per scopare tua moglie! Qualche problema?
Alan, quasi ipnotizzato, rispose diligentemente – Nessun problema, Signore. – Probabilmente neanche si accorgeva che, nel frattempo, si stava facendo una sega!
Paul gli si piazzò di fronte, col suo cazzo eretto che gli sfiorava il viso. – Allora perché non mi aiuti a rendere il mio cazzo pronto per lei? – Alan ci mise un po' per realizzare quello che il padrone gli stava chiedendo di fare. Poi si avvicinò al pisello di Paul. Tirò fuori timidamente la lingua e diede il primo assaggio. Subito dopo leccò in modo più deciso, sempre più deciso, fino ad aprire la bocca per accogliere quell'uccello possente. Era inesperto, si vedeva, ma succhiava come se fosse il gelato più buono del mondo.
Paul lo lasciò fare per qualche minuto, poi tolse il trastullo al marito cornuto e penetrò Karen con un gesto deciso. Karen già conosceva la prestanza di Paul ma ogni volta godeva come fosse la prima. Stavolta, in effetti, qualche novità c'era. Alan, sempre seduto per terra, non riusciva a staccare gli occhi da quella scena, passando dal viso gaudente di sua moglie a quello serio e superbo di Paul a quel cazzo che entrava e usciva da Karen.
Il mio padrone si alzò, portandosi dietro quella puttana, continuando a scoparsela mentre saliva le scale e atterrava sul letto della “mia” camera.
– Al, porta il tuo inutile sedere quassù – strillò Paul dal piano di sopra – Potremmo avere bisogno di te!
Alan salì le scale velocemente e rimase impalato, in piedi, di fianco al letto, in attesa di ordini. Anch'io li raggiunsi, non avrei voluto perdermi quella scena per niente al mondo.
Paul aveva già ripreso il suo ritmo ma aveva comunque tutto sotto controllo. La sua intenzione non era tanto quella di farsi una scopata ma quella di annientare l'orgoglio e la dignità di quel mezz'uomo di Alan.
– Ehi – gli disse – Avvicinati! Baciami il culo mentre mi fotto tua moglie!
E Alan, stavolta senza un attimo di esitazione, stampò due bei baci deferenti, uno su una chiappa e uno sull'altra.
Karen godeva e rideva, lodando la capacità di Paul di fare a qualsiasi uomo qualsiasi cosa lui volesse.
– Ci puoi scommettere – disse lui. – E lo stesso vale per le donne. Succhiami l'uccello, puttana. E tu – rivolgendosi ad Alan – basta baciarmi il culo, ora ficcaci dentro la lingua!
Così andò avanti per un'ora. Dovetti assistere ai plurimi orgasmi di Karen e alla completa sottomissione di Alan. Quando Paul ritenne di poter esser soddisfatto si concesse una conclusione degna di se stesso, tuonando dentro quella donna ormai in stato confusionale! Dopo un attimo, il mio padrone fece da parte Karen e si sdraiò sul letto a godersi quella sensazione piacevole di spossatezza e appagamento insieme. Il suo cazzo, ancora duro, cominciava a perdere corpo. Schioccò le dita e sia io che Alan saltammo sull'attenti. Ma quel pomeriggio non c'era niente per me. Ordinò ad Alan di pulirgli il pisello con la lingua, cosa che lui fece con cura. Credo che ci avrebbe passato la notte se solo Paul glielo avesse ordinato.
Dopo una comoda mezzora, Paul uscì dalla stanza, mi ordinò di portargli una birra e andò a rilassarsi sul divano. Fu subito raggiunto da Karen, che gli sedette affianco e da Alan, che, come ammaestrato, si sistemò per terra.
Lei non riusciva a smettere di magnificare le doti amatorie e virili del mio padrone. Paul le ascoltava compiaciuto ma evidentemente pensando a qualcos'altro. Alan guardava Paul con uno sguardo inespressivo. Ma fu costretto a scuotersi quando si vide arrivare un piede di Paul direttamente sul muso.
– Allora – gli stava chiedendo il mio padrone – Sei pronto a diventare il mio schiavo?
Alan lo guardò, ancora turbato. – Sì, credo di sì – disse lentamente. – Sì, Signore – poi aggiunse più convinto. – Voglio essere il tuo schiavo!
Karen guardò Paul e cinguettò – Anch'io, anch'io voglio essere la tua schiava!
– So che lo vuoi, piccola – disse il mio padrone, con gentilezza. – Potrai essere anche tu la mia schiava.
Paul si alzò – Tracy ti dirà quello che devi sapere – disse rivolgendosi ad Alan. – A Karen penserò io, starà con me stanotte. Inizia ad allenarlo da stasera – aggiunse infine, rivolgendosi a me.
– Sì, Signore, lo farò – risposi. Ero geloso, devo ammetterlo. Il mio padrone aveva appena allargato la sua scuderia, io non ero più l'unico a servirlo. Era giusto, lo sapevo, ma era difficile da accettare.
Paul se ne andò con Karen ed io rimasi solo con Alan. Gli passai una copia dei miei appunti, le regole che il padrone mi aveva dato ormai qualche settimana fa e i segreti per diventare un buon succhiacazzi. Gli dissi di comprarsi un dildo e di iniziare a fare pratica. Presi una delle sue carte di credito e lo informai che mi sarei occupato di iscriverlo in palestra e prenotare per lui l'allenamento con Clayton. Sembrava confuso da tutte quelle informazioni, ma molto ansioso di cominciare.

Karen non si trasferì a casa del padrone, ma passò comunque molte notti con lui. Mi sorprendeva il fatto che lei avesse scelto di essere davvero la sua schiava. Avrebbe potuto di certo continuare a godere delle doti di Paul anche rimanendo una semplice puttanella da letto. Invece voleva servirlo in ogni modo. In presenza di Paul non indossava vestiti e quando era nella stessa stanza con lui rimaneva in ginocchio, proprio come Alan e me. Tutti e tre ci alternavamo occupandoci di pulire, cucinare, fare lavatrici, sistemare il giardino. Era gratificante vedere il padrone e Joe comodamente seduti in poltrona, con le braccia incrociate dietro la testa mentre noi servi sgobbavamo. In fondo era la natura delle cose. Gli inferiori servivano a rendere le vite dei superiori più confortevoli.

Il compleanno di Joe era finalmente arrivato. Il padrone, prima che iniziasse la festa, gli consegnò il regalo. La Mustang, rimessa a nuovo, verniciata e fiammante fu accolta con entusiasmo dal ragazzo. Joe indossava una maglietta con su la scritta “HO IL CAZZO – QUINDI COMANDO!” e vederlo seduto al volante della Mustang era un piacere. Io pensai di regalargli una carta di credito prepagata con 5000 dollari pronti da spendere. Avevo riflettuto a lungo sulla opportunità di un pensiero così importante ma poi decisi per farlo contento. Provavo molta ammirazione per lui, meritava di avere tutti i mezzi a disposizione per diventare un vero padrone.
La festa andava avanti. Joe era conteso dalle decine di ragazzette che si erano bagnate solo a ricevere il suo invito. Il padrone mi si avvicinò dicendomi che i regali per Joe non erano finiti.
– Da stasera tu sei anche il servo del mio ragazzo – mi disse con tono serio. – Dovrai mostrare lo stesso rispetto che mostri a me. Joe sa farsi valere, non c'è dubbio, ma se vengo a sapere di qualcosa che non mi piace dovrai vedertela pure con me!
Per tutta risposta, ringraziai il mio padrone. Lo ringraziai con parole diverse almeno una decina di volte, non riuscivo a smettere. Avrei voluto mettermi in ginocchio e baciare i suoi piedi. Ero emozionato al pensiero di avere un altro padrone da servire. Da sempre avevo ammirato Joe, nutrito rispetto per lui, ero pronto a fare per lui qualsiasi cosa mi avesse ordinato.
E Joe non si fece certo pregare! Il venerdì mattina entrò in casa mia, da vero padrone, per prendere possesso del suo nuovo giocattolo.

mercoledì 7 luglio 2010

GOOGLING - il gioco dei diti dritti!


ma chi l'ha detto
che sotto all'arcobaleno
c'è sempre una borsa piena d'oro?
click to know!

venerdì 2 luglio 2010

MAGNIFYING GLASS - Paul Walker

ieri notte
mi è venuto in sogno
Paul Walker

dice chi è?
basta vedere una sua foto
per capire che non ha nessuna importanza
sapere chi sia

se poi proprio non si riesce ad accontentarsi dell'apparenza
se proprio non si vuole rinunciare ad una
noiosa e didascalica sostanza
basti sapere che
Paul Walker
non è un ingegnere informatico
non è un parrucchiere
non è un fisico nucleare
(quello, semmai, ce l'ha)
Paul Walker
è
un attore,
chi l'avrebbe mai detto?
un attore americano,
un colpo di scena dietro l'altro!
un ex modello,
quando la realtà supera l'immaginazione!

per la rubrica
l'incarnazione dello stereotipo californiano
in perfetta tenuta d'ordinanza
t-shirt
bermuda
e infradito
mentre,
fedele al suo cognome,
passeggia insieme alla sua compagna
(che
accidentalmente
non è rientrata nel ridimensionamento della foto).

già i primi scatti
sia pure rubati
evidenziano un fortunato amalgama di proporzioni e forme
eppure
ben altre conferme arrivano dall'attore apertamente feet-friendly.
il fotografo non ha voluto sentire ragioni!
il servizio si fa in piscina
fine della storia!
ma il set offre mille spunti
toh
guarda
una fontana
Paul Walker
si presta
è un tipo alla mano,
l'acqua è fresca,
il fotografo è un intenditore.
da lì
al piede a bagno
il passo
fortunatamente
è breve!
la bellezza di un piede virile
sta nell'equilibrio fra la sua forza e la sua armonia
questo fastidioso Paul Walker
ha un piede curato,
probabilmente una pelle morbida
ma forme del tutto maschili
come le dita carnose con una leggera peluria
e le unghie grosse anche se ben tenute
oltre a portare non meno del 47!
non mi sorprende che gli abbiano fatto girare
INTO THE BLUE
un film in cui non sono previste scarpe
né vestiti!

e così
in attesa di beccarlo in qualche bosco
mentre se entrena al aire libre
per beneficiare un po' tutti de los resultados...
...può capitare che
di notte
Paul Walker ti venga in sogno,
un sogno ad occhi aperti
a forma di televisore
con dentro un film che già dal titolo sembra una stronzata
BOBBY Z, IL SIGNORE DELLA DROGA
che però regala momenti ricchi di tensione
grazie ad un regista illuminato
che ha voluto statisticare
non solo il protagonista
ma anche ogni altro partecipante del cast minimamente decente,
iniziando con un cameo di Jason Lewis
(un bel po' più che minimamente decente)

la sottolineatura in slow motion
tradisce la scena che più di tutte è stata girata con maestria!!